Genitori analogici vs. figli digitali

Domenica sono stata a Famiglia Punto Zero, il Festival delle Famiglie che cambiano e ho partecipato alla conferenza “Genitori analogici con figli digitali: problemi e prospettive“. L’ho scelta perché sono molto sensibile a queste tematiche, sia per il mio percorso universitario da laureata in Sociologia delle comunicazione di massa, sia, ovviamente, come mamma.

Sono una Mamma che è cresciuta nell‘epoca di passaggio: sono nata analogica ma cresciuta digitale con tutte le DIFFICOLTÀ piccole o grandi nell’adattarsi a modalità di comunicazione del tutto nuove.

E la conferenza non ha fatto che confermare – ed ampliare – la mia posizione duale nei confronti dell’argomento: l’io sociologa si è scontrato varie volte con l’io genitore. Se avessi ascoltato questa conferenza anche solo 5 anni fa probabilmente il mio io sociologo avrebbe avuto la meglio ma oggi, che sono mamma, l’io genitore si è trovato molte volte in disaccordo con l’io sociologo.

Punto di partenza della conferenza è che i figli e i genitori parlano lingue diverse, loro sono i nativi (digitali), noi gli immigrati. Se i due linguaggi non si incontrano non c’è dialogo.

Giovanni Boccia Artieri (docente di Sociologia dei nuovi media presso l’Università di Urbino) entra subito nel vivo dando ai genitori alcuni consigli “pratici”: il primo fra tutti è lo scambio. I nostri figli ci insegnano come usare lo strumento, ma noi insegniamo loro il senso delle cose. Noi genitori dobbiamo imparare le potenzialità della rete e soprattutto dobbiamo imparare a stare “educatamente” nei due ambienti [analogico e digitale] contemporaneamente e non “o dentro” o “fuori”.

Su posizioni diverse si schiera Franco Lorenzoni (maestro elementare e scrittore): dalla sua esperienza nella scuola elementare ci parla di un “forte disagio” che emerge nei bambini piccoli, costretti a relazionarsi con i genitori in maniera “intermittente”: gli adulti / genitori sono connessi al presente in modo intermittente a causa dello “schermo” del cellulare che li allontana dai figli.

“Lo schermo toglie la mamma” 

Per superare questo disagio, Lorenzoni ha in mente 3 proposte:

– dai 3 ai 7 anni i bambini dovrebbero stare in un posto senza tecnologia: hanno bisogno di silenzio, di sporcarsi le mani, di toccare la terra;

– audio senza video / video senza audio: un bambino che si addormenta ascoltando la voce del genitori (e non quella della televisione) possiede una ricchezza enorme. L’ascolto suscita immaginazione, crea mondi.

– Favorire il silenzio, osservare in silenzio mette noi e i bambini in contatto con noi stessi. I bambini temono la noia e noi genitori cerchiamo di riempire la loro vita per impedire che si annoino mentre invece la noia è importantissima.

Senza noia non c’è poesia. 

Blanca Zamperini è “la star” della conferenza. E’ lei, adolescente di 14 anni, che testimonia in pieno il rapporto tra giovani e tecnologia. Ci dice subito che lei Facebook non lo usa e non ha il profilo perché “non se ne fa niente“, dato che è uno strumento professionale che si usa per lavoro e non è uno strumento social. Il social media per eccellenza, secondo lei, è Instagram e Snapchat (di cui io, da vero genitore analogico, scopro l’esistenza in quel momento!). Di fronte alla questione “pericoli della rete”, Blanca risponde che è una questione di consapevolezza sull’uso dello strumento e che resta importante la presenza dei genitori.

L’intervento di Laura Bononcini (head of policy di Facebook Italia) conferma che Facebook è principalmente uno strumento professionale. Gli adulti lo usano impropriamente come strumento di svago. Inoltre proprio a sottolineare il discorso di Lorenzoni, la Bononcini conferma che la policy di Facebook è di vietare l’iscrizione ai minori di 13 anni. Inoltre Facebook ha 3 principali modalità per tutelare gli iscritti: strumenti (controllo condivisioni, segnalazioni, segnalazione sociale), collaborazione e informazione.

Conferenza Genitori Analogici e figli digitali

Conferenza Genitori Analogici e figli digitali

Riprende la parola il maestro Lorenzoni illustrando quali secondo lui siano i principali “problemi” delle generazioni iper-connesse. L’ansia di controllo dei genitori. Il rapporto con la memoria e le risposte immediate. Secondo Lorenzoni, l’ansia di controllo dei genitori sta crescendo negli ultimi anni in maniera esponenziale anche se – secondo lui – i pericoli non sono cambiati (ci sono statistiche che lo confermano). Cita ad esempio, i gruppi WhatsApp dei genitori che di fatto de-responsabilizzano il bambino nel suo rapporto con la scuola, con i compagni, con i compiti e con le maestre. Il rapporto con la memoria sempre di più viene affidato ad un soggetto/oggetto esterno come il cellulare. Questo rischia di far perdere ai bambini il valore della memoria.

Le risposte immediate ci privano del gusto della ricerca, del tentativo e dell’errore, importante tappa di crescita personale. 

Risponde Artieri che il compito del genitore dovrebbe essere di aiutare i figli a diventare cittadini digitali perché la loro immagine diventa ogni giorno più pubblica e condivisa. Nessuno ha educato noi analogici a guardare la televisione, neanche la scuola. Il sociologo si dice contrario al controllo sui figli. Occorre dar loro fiducia, stabilire regole nell’uso degli strumenti (per esempio, disattivare le notifiche del cellulare mentre si fanno i compiti, oppure spegnerlo mentre si studia).

Anche Lorenzoni è per “l’opacità“, contro ogni accerchiamento e invasione di campo dei genitori verso i figli.

Infine, parlando degli algoritmi di Facebook, si è conclusa la conferenza. Lorenzoni conclude il dibattito dicendo che la semplificazione è pericolosa perché allontana le differenze, non ci fa lavorare e faticare sulle differenze. Capire le differenze è fatica. I social media non sono come la televisione, bisogna vincere la pigrizia.

La semplificazione uccide l’intelligenza. 

Riflessioni da sociologa: certamente bisogna usare i social media come strumento di conoscenza e non come fine per controllare i propri figli. Mi viene da pensare però che molti dei genitori di oggi non sono sufficientemente formati ed informati sull’uso nuove tecnologie, sui social media, sulle loro potenzialità. I giovani non hanno quindi un punto di riferimento certo su queste tematiche, un’educazione all’uso consapevole.

C’è da dire anche che molti genitori hanno un rifiuto totale per le nuove tecnologie e mostrano grandi difficoltà a capire questo linguaggio, allontanandosi dal dialogo con i propri figli. Questo è pericoloso perché si rischia di lasciare il minore solo con strumenti a volte molte potenti. Non sono  tanto d’accordo con Lorenzoni quando dice che i pericoli non sono aumentati: forse non saranno aumentati ma certamente sono cambiati, sono aumentate le fonti da cui provengono. Ma soprattutto è cambiata la qualità e la quantità di esposizione ad immagini “destabilizzanti” da parte di un minore (esposizione ad immagini violente, di guerra, di morte, di violenze fisiche.). Oggi la rete ne è piena ed è fin troppo facile trovare queste immagini anche senza volerlo.

Riflessioni da mamma : non posso che applaudire il maestro Lorenzoni. Condivido con lui il desiderio di evitare a mia figlia la tecnologia per qualche anno ancora… anche se è una sfida ogni giorno più difficile. L’intervento di Blanca mi ha destabilizzato parecchio, in quanto non solo mi ha stupito la scoperta che i 14enni non usano Facebook perché non lo reputano social ma soprattutto mi ha stupito la maturità e l’approccio che la ragazza ha dimostrato per queste tematiche. Non sono sicura che tutti i 14enni di oggi si trovano nella sua stessa condizione e maturità.

Le parole di Lorenzoni “lo schermo allontana la mamma” mi hanno illuminato! Quanto è vero… Ogni giorno me ne accorgo quando sono con mia figlia e il telefono interferisce nel mio rapporto con lei… Spero in futuro di riuscire a creare con mia figlia un rapporto che sia basato sulla fiducia e non sul controllo, con regole condivise e utilizzo consapevole… una sfida da accettare e da costruire ogni giorno. 

Concludo con una frase di Artieri che mi sembra possa sintetizzare la discussione, mettendo d’accordo anche il genitore e la sociologa:

“Educare gli adolescenti a capire come attraverso il digitale possono influenzare il mondo che li circonda è il compito che da adulti possiamo assumerci. Un compito che ha a che fare con una competenza sul senso più che sulla tecnica. Cominciare a costruire una narrazione diversa sul rapporto tra noi e i nostri figli nel digitale è un punto di partenza” (tratto da “Contro i ‘nativi digitali‘” di Giovanni Boccia Artieri, Pagina99.it del 20/3/2016) (qui puoi leggere tutto l’articolo).

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