Questo post nasce come lettera al direttore di una rivista di pediatria alla quale sono abbonata e sulla quale avevo letto la lettera di una mamma che lamentava la scarsità di diritti e tutele per chi decide di tornare (o non tornare) al lavoro dopo la nascita di un figlio.
E’ vero che è meglio essere tutelati che non esserlo. Senza dubbio alcuno. Però anche chi è “tutelato” deve lottare per far riconoscere i propri diritti e le tutele da essi derivanti.
Ho un lavoro full time e, dopo la nascita di mia figlia ho usufruito di 4 mesi di congedo parentale (pagati al 30%) e poi sono rientrata (quando mia figlia aveva 9 mesi) usufruendo dei permessi per l’allattamento e quindi a 6 ore (anziché 8 + una di pausa di pranzo).
Mi è stato negato il part time e così molto a malincuore (con una frustrazione che ancora adesso vivo ogni giorno) al compimento del primo anno di mia figlia sono rientrata ad orario full time.
L’unico “favore” che mi è stato concesso è di poter fare solo 30 minuti di pausa pranzo e uscire alle 17.30. Così, dopo una bella ora di viaggio sui mezzi pubblici romani, potevo rientrare a casa alle 18.30.
Che “fortuna”!
Tutto questa premessa per dire che da quando è nata mia figlia devo lottare con il mio datore di lavoro per ogni minuto di permesso, per ogni giorno di ferie. Io non ho neanche i “permessi per malattia bambino”.
Se si ammala mia figlia devo prendere le ferie oppure, con la compiacenza del mio medico, devo fingere di essere malata io. Oppure, devo lasciarla a mia madre.
Per non parlare dello stress emotivo che subisco ogni volta che devo prendere un’ora o mezzora di permesso magari semplicemente per portare mia figlia dal medico o perché c’è la festa di fine anno al nido
(la risposta del mio capo va dal “ci mandi suo marito” a “ah! Basta con questa figlia, ormai è grande, pensi al lavoro!”).
Sicuramente il mio è un caso “particolare” e dipende molto dalla scarsa “sensibilità” del mio capo, però è vero le mamme-che-lavorano sono davvero poco tutelate.
Il congedo parentale – mi restano circa 45 giorni residui – non lo potrò più prendere, perché se è vero che è un mio diritto è anche vero che va sempre concordato con il datore di lavoro, ma il datore lavoro non me lo concede.
Ogni volta per 30 minuti di permesso devo “lottare”, giustificarmi e sentirmi dire che devo pensare al lavoro e non a mia figlia!
Cioè, oltre il danno… anche la beffa!
Chi tutela la famiglia? Esistono i diritti per le mamme lavoratrici ma chi vigila su questi diritti affinché siano tutelati? Chi fa in modo che vengano applicati senza discriminazioni (tra pubblico e privato) e per ogni tipo di contratto?